Saturday, July 01, 2006

Social campaigns

Saturday, June 10, 2006

Governo ladro? si, ma è in buona compagnia

"C'è un numero che mi ha letteralmente sconvolto. Nel senso che non potrò mai più scrivere una sola riga su questo Paese prescindendo da quel numero. Il numero (che ricavo da un editoriale di Francesco Giavazzi sul Corriere) è questo: gli italiani che dichiarano più di 200.000 Euro di reddito all'anno sono poco più di 17.000. Avete letto bene: 17.000. Nello stesso articolo si riferisce che le barche di lusso registrate in Italia sono 65.000. Scommetterei tutto quello che ho (Irpef compresa) che nella sola Lombardia sono ben più di 17.000 i cittadini che guadagnano più di 200.000 Euro all'anno."

"Il tutto ci riconduce, con brusca evidenza, al massimo scandalo strutturale sul quale si poggia la nostra comunità: una quantità smisurata di italiani evade smisuratamente le tasse, cioè deruba i suoi simili. E li deruba due volte. La prima non versando la sua quota nelle casse sociali. La seconda usando servizi (scuole, ospedali, ecc.) pagati dagli altri."

"Credo che nessun governo, di destra, di sinistra o proveniente da Marte, potrà mai fare alcunchè per un popolo composto in buona parte di ladri e di scrocconi. Altro che "governo ladro". Paese ladro. Paese di ladri."

(Michele Serra, "La Repubblica" 31/05/06)

Conoscenza


Con la mente riandò alla prima volta in cui, da piccola, aveva visto gli elefanti al circo. Erano tre bestioni da sei tonnellate, ciascuno con una cordicella legata alla caviglia per evitare che si allontanassero. Quel particolare l'aveva spiazzata. Ricordò di aver chiesto al padre perchè non spezzassero la corda.
"E' tutta suggestione" le spiegò lui. "Quando sono cuccioli, gli elefanti vengono legati ai pali con pesanti catene d'acciaio. Nei primi mesi di vita imparano che, per quanto si sforzino di romperle, le catene sono indistruttibili."
"Ma le corde sono molto più deboli delle catene" replicò Nava. "Potrebbero spezzarle con facilità."
"Sì, ma gli addestratori le usano solo quando gli elefanti hanno imparato che fuggire è impossibile. Vedi, Nava, non è la corda a impedire loro la fuga, ma la mente. Ecco perchè la conoscenza è importante."

Da "Improbable" (Adam Fawer, Feltrinelli)

Friday, June 02, 2006

Nomine, il Record di Cuffaro

In un anno e quattro mesi il governo regionale ha messo a segno 1.223 nomine di sottogoverno. Un exploit da Guinnes dei primati che ha permesso a Salvatore Cuffaro e ai suoi assessori di rafforzare la rete di affezionati sostenitori ai quali, verosimilmente, chiedere aiuto ora che le elezioni incombono. Dal gennaio 2005 all´aprile 2006 l´esecutivo di Palazzo d´Orleans ha ingaggiato consulenti esterni, trasformato funzionari in dirigenti, creato e rinnovato strutture dalla dubbia utilità nelle quali l´unica cosa certa è il consiglio di amministrazione.
Silvio Cuffaro, fratello minore del Presidente della Regione, è stato nominato - dall´assessore alla Cooperazione Carmelo Lo Monte che ha infilato anche un filotto di nomine di liquidatori di società cooperative - commissario straordinario del consorzio ittico "Agrigento 1", mentre Angelo La Russa, ex assessore Dc al Lavoro e testimone di nozze del governatore, è stato nominato consulente per il bioterrorismo. Il suo nome si aggiunge a quelli di altri 182 professionisti, esperti e sedicenti tali, stipendiati dalla Regione e distribuiti tra la presidenza e i dodici assessorati. Il recordman degli incarichi ricoperti è Marcello Massinelli: fa parte dello staff di esperti del governatore per i problemi del credito, è commissario straordinario dell´Ente acquedotti siciliani, presidente del consorzio per la realizzazione dell´aeroporto di Agrigento (sebbene l´Ente nazionale dell´aviazione civile lo abbia già bocciato) e socio del patto di sindacato di Capitalia.
Negli ultimi sedici mesi sono stati nominati 24 nuovi dirigenti. Il capo di gabinetto di Cuffaro, Salvatore Taormina, è andato a dirigere l´assessorato alla Famiglia, mentre Vincenzo Falgares, giovane funzionario vicino da sempre al governatore, è stato spedito al vertice dei Trasporti. Patrizia Monterosso, vicina a Gianfranco Micciché, invece ha la responsabilità dal dipartimento Pubblica istruzione e Benedetto Mineo (fedelissimo di Cuffaro) è approdato al Bilancio.
Ondata di nomine anche nella sanità: direttore generale dell´Ausl 6 è stato nominato Salvatore Iacolino, legatissimo ad Angelino Alfano, coordinatore regionale di Forza Italia, mentre risale a qualche anno prima l´investitura di Francesco Licata di Baucina, manager vicino a Gianfranco Micciché, nominato direttore generale dell´azienda ospedaliera Civico. A Enna la direzione dell´Ausl è stata affidata a Francesco Indica, cognato di Raffaele Lombardo, leader dell´Mpa.
Ma non sono solo i grandi incarichi, quelli dalle ricompense «importanti» a tenere banco nelle stanze di Palazzo d´Orleans. Anche le investiture apparentemente modeste godono di massima attenzione perché rafforzano la rete di legami fondamentali quando inizia la campagna elettorale. Da qui la costituzione di una lunga serie di comitati e commissioni dalla dubbia e spesso inesistente utilità. A presiedere il Comitato regionale per la sicurezza alimentare è stato designato dal presidente della Regione il dottor Dario Cartabellotta, dirigente del servizio dal quale passa la maggior parte dei finanziamenti destinati all´agricoltura. Dicono che sia un affidabile catalizzatore di consensi ad Alia e nei comuni limitrofi.
Anche l´assessore al Lavoro Francesco Scoma si è mosso per accontentare i suoi. Così, nel consiglio di amministrazione del Centro internazionale per l´addestramento professionale nell´industria è stato piazzato Giulio Tantillo, consigliere comunale e fedelissimo dell´assessore medesimo. Resta da capire di cosa dovrebbe occuparsi il suddetto centro internazionale, come sfugge l´utilità dell´Osservatorio regionale per il monitoraggio degli strumenti normativi e finanziari per lo sviluppo economico della Sicilia. Allo stesso modo, il decreto pubblicato in gazzetta non chiarisce adeguatamente quali saranno le mansioni del Nucleo tecnico per la finanza di progetto e nemmeno perché esista da tre anni e sia stato modificato recentemente (giusto per ridefinirne la composizione) il Comitato per l´educazione degli adulti. Di sicuro c´è che si creano poltrone su poltrone sopra le quali far accomodare neofiti e vecchie glorie del sottogoverno.
E c´è ancora tempo, per ulteriori movimenti: la giunta di Palazzo d´Orleans, infatti, ha già pronto un elenco con 53 incarichi da assegnare al più presto. L´obiettivo, naturalmente, è riuscirci entro la fine della campagna elettorale.

di Massimo Lorello
(10 maggio 2006)


Tratto da L'Espresso

Segnalato da Andrea

Thursday, June 01, 2006

La TUA opinione conta!

Potete mandare un testo su qualsiasi argomento vogliate per pubblicarlo sul blog, sono ben accetti tutti i tipi di testi
i testi non saranno sottoposti a censura alcuna e saranno conclusi dalla vostra firma e dal vostro indirizzo email (a meno che non mi specifichiate che volete rimanere anonimi o semplicemente non volete pubblicato la vostra email)!

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Thursday, May 25, 2006

Una vita da Schifani...

Questo post nasce dall'infausto incontro avvenuto oggi al bar Alba di Palermo con Renato Schifani che ha scatenato una quasi rissa tra due ragazzi e un gruppo di arzilli nonnetti evidentemente legati ancora a quella che era, ed in parte ancora è, la mentalità che prevale in sicilia (mafiosa, ndr)!


vi riporto qui parte di un dossier pubblicato da dall'Espresso di Agosto 2002 sul sopracitato "signore"


Capigruppo d'assalto: Una vita da Schifani!
società con presunti uomini d'onore e usurai. Consulenze ricevute dai Comuni in odore di mafia. E poi l'ascesa ai vertici di Forza Italia. Berlusconi? «Per me è come Cavour»

Quando, dopo una settimana di nottate, blitz e tranelli ha portato a casa l'approvazione della legge sul legittimo sospetto, Renato Schifani ha sottolineato con il consueto senso delle istituzioni la sua vittoria sull'Ulivo: «Li abbiamo fregati». Il capo dei senatori forzisti è fatto così. «È la mia chiarezza che dà fastidio alla sinistra», ha detto a un settimanale che gli ha dedicato un editoriale lodando «lo stile Schifani». Questo avvocato di 52 anni, nonostante il riporto e gli occhiali da archivista, è l'uomo prescelto da Silvio Berlusconi come volto ufficiale di Forza Italia. E lui lo ripaga come può. In un articolo sul "Giornale di Sicilia" dal titolo "Cavour e il conflitto di interessi" afferma che anche lo statista piemontese era «in potenziale macroscopico conflitto di interessi perché aveva il giornale "Il Risorgimento", partecipazioni bancarie, grandi proprietà terriere e un'intensa attività affaristica». Proprio come Berlusconi, insomma, eppure nessuno gli disse nulla. Peccato che, come scrive Rosario Romeo a pagina 451 della sua biografia, Cavour appena diventò ministro «decise in primo luogo di liquidare gli affari nei quali era stato attivo fino ad allora». Ma Schifani per amore del capo è disposto a sfidare anche il ridicolo. Come quando si fa riprendere in tv accanto al santino del leader neanche fosse Padre Pio. Avvocato civilista e amministrativista, 52 anni, sposato e padre di due figli, amante delle isole Egadi, è stato eletto nel collegio di Corleone, cuore di quella Sicilia che ha dato il cento per cento degli eletti a Forza Italia. Per descrivere l'eroe del legittimo sospetto, l'uomo che ha scavato nottetempo la via di fuga dal processo milanese per Berlusconi e Previti, si potrebbe partire dalle sue radici democristiane. Ma applicando alla lettera il suo credo, «non bisogna usare il politichese ma parlare con serenità il linguaggio dell'uomo comune», sarà meglio partire da una constatazione: il capo dei senatori di Forza Italia è stato socio di affari (leciti) con presunti usurai e mafiosi.

Sua eccellenza Filippo Mancuso, solitamente bene informato, ha definito così il suo ex compagno di partito: «Un avvocato del foro di Palermo specializzato in recupero crediti». Schifani gli ha risposto con una lettera in cui difende la sua «onesta e onorata carriera» e nega di avere mai svolto una simile attività. Negli archivi della Camera di commercio di Palermo risulta però una società, oggi inattiva, costituita nel 1992 da Schifani con Antonio Mengano e Antonino Garofalo: la Gms. L'avvocato Antonino Garofalo (socio accomandante come Schifani) è stato arrestato nel 1997 e poi rinviato a giudizio per usura ed estorsione nell'ambito di indagini condotte dal sostituto Gaetano Paci della Procura di Palermo. L'ex socio di Schifani è ritenuto il capo di un'organizzazione che prestava denaro nella zona di Caccamo chiedendo interessi del 240 per cento. Schifani non è stato coinvolto nelle indagini ma certo non deve essere piacevole scoprire di essere stato socio con un presunto usuraio in un'impresa che come oggetto sociale non disdegnava: «L'attività esattoriale per conto terzi di recupero crediti e l'attività di assistenza nell'istruttoria delle pratiche di finanziamento...».

Schifani è stato sempre sfortunato nella scelta dei compagni delle sue imprese. In un rapporto dei carabinieri del nucleo di Palermo, di cui "L'Espresso" è in grado di rivelare i contenuti, si ricostruisce la storia di un'altra strana società di cui il capogruppo di Forza Italia è stato socio e amministratore per poco più di un anno. Si chiama Sicula Brokers, fu istituita nel 1979 e oggi ha cambiato compagine azionaria. Tra i soci fondatori, accanto a un'assicurazione del nord, c'erano Renato Schifani e il ministro degli Affari regionali Enrico La Loggia, nonché soggetti come Benny D'Agostino, Giuseppe Lombardo e Nino Mandalà. Nomi che a Palermo indicano quella zona grigia in cui impresa, politica e mafia si confondono. Benny D'agostino è un imprenditore condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e, negli anni in cui era socio di Schifani e La Loggia, frequentava il gotha di Cosa Nostra. Lo ha ammesso lui stesso al processo Andreotti quando ha raccontato un viaggio memorabile sulla sua Ferrari da Napoli a Roma assieme a Michele Greco, il papa della mafia.

Giuseppe Lombardo invece è stato amministratore delle società dei cugini Ignazio e Nino Salvo, i famosi esattori di Cosa Nostra arrestati da Falcone nel lontano 1984 e condannati in qualità di capimafia della famiglia di Salemi. Nino Mandalà, infine, è stato arrestato nel 1998 ed è attualmente sotto processo per mafia a Palermo. Questo ex socio di Schifani e La Loggia era il presidente del circolo di Forza Italia di Villabate, un paese vicino a Palermo e proprio di politica parlava nel 1998 con il suo amico Simone Castello, colonnello del boss Bernardo Provenzano mentre a sua insaputa i carabinieri lo intercettavano. Mandalà riferiva a Castello l'esito di un burrascoso incontro con il ministro Enrico La Loggia, allora capo dei senatori di Forza Italia. Mandalà era infuriato per non avere ricevuto una telefonata di solidarietà dopo l'arresto del figlio (poi scagionato per un omicidio di mafia). E così raccontava di avere chiuso il suo colloquio con La Loggia: «Siccome io sono mafioso ed è mafioso anche tuo padre che io me lo ricordo quando con lui andavo a cercargli i voti da Turiddu Malta che era il capomafia di Vallelunga. Lo posso sempre dire che tuo padre era mafioso. A quel punto lui si è messo a piangere». La Loggia ha ammesso l'incontro ma ne ha raccontato una versione ben diversa. E anche Mandalà al processo ha parlato di millanteria. Nella stessa conversazione intercettata Mandalà parlava di Schifani in questi termini: «Era esperto a 54 milioni all'anno, qua al comune di Villabate, che me lo ha mandato il senatore La Loggia».

Schifani è stato sentito dalla Procura e, senza falsa modestia ha spiegato con la sua bravura la consulenza e lo stipendio: «Il mio studio è uno dei più accreditati in campo urbanistico in Sicilia». Ma per La Loggia sotto sotto c'era una raccomandazione: «Parlai di Schifani con Gianfranco Micciché (coordinatore di Forza Italia in Sicilia) e dissi: sta sprecando un sacco di tempo e quindi avrà dei mancati guadagni facendo politica. Vivendo lui della professione di avvocato dico se fosse possibile fargli trovare una consulenza. È un modo per dirgli grazie. E allora parlammo con il sindaco Navetta». Il sindaco Navetta è il nipote di Mandalà e il suo comune è stato sciolto per mafia nel 1998.

Il capogruppo di Forza Italia è stato sfortunato anche nella scelta dei suoi assistiti. Proprio un suo ex cliente recentemente ne ha fatto il nome in tribunale. La scena è questa: Innocenzo Lo Sicco, un mafioso pentito, il 26 gennaio del 2000 entra in manette in aula a Palermo e viene interrogato sulla vicenda di un palazzo molto noto in città, quello di Piazza Leoni. Le sue parole fanno balenare pesanti sospetti: «L'avvocato Schifani ebbe a dire a me, suo cliente, che aveva fatto tantissimo ed era riuscito a salvare il palazzo di Piazza Leoni facendolo entrare in sanatoria durante il governo Berlusconi perché, così mi disse, fecero una sanatoria e lui era riuscito a farla pennellare sull'esigenza di quegli edifici. Era soddisfattissimo. Perché lo diceva a me? Ma perché io lo avevo messo a conoscenza di qual era la situazione, l'iter, le modalità del rilascio della concessione...».

La Procura dopo aver analizzato le parole del pentito non ha aperto alcun fascicolo per la genericità del racconto. Comunque la storia di questo palazzo, scoperta dal giornalista de "la Repubblica" Enrico Bellavia, è tutta da raccontare. Comincia alla fine degli anni Ottanta quando Pietro Lo Sicco, imprenditore finanziato dalla mafia e zio di Innocenzo, mette gli occhi su un terreno a due passi dal parco della Favorita, una delle zone più pregiate di Palermo. Lo Sicco vuole costruirci un palazzo di undici piani ma prima bisogna eliminare due casette basse che appartengono a due sorelle sarde, Savina e Maria Rosa Pilliu, che non vogliono svendere. Pietro Lo Sicco le minaccia e le sorelle si rivolgono alla polizia. Ma la mafia è più lesta della legge: Lo Sicco ottiene la concessione edilizia grazie a una mazzetta di 25 milioni di lire e comincia ad abbattere l'appartamento a fianco. Quando le sorelle vedono avvicinarsi il bulldozer cominciano ad arrivare nel loro negozio i fusti di cemento. Il messaggio è chiaro: finirete lì dentro. Lo Sicco smentisce di essere il mandante ma la Procura offre alle Pilliu il programma di protezione. Oggi le sorelle sono un simbolo dell'antimafia: vivono proprio nel palazzo costruito da Lo Sicco e confiscato dallo Stato. Il costruttore è stato condannato a 2 anni e otto mesi per truffa e corruzione a cui si sono aggiunti sette anni per mafia.

All'inaugurazione del nuovo negozio costruito grazie al fondo antiracket, il senatore Schifani non c'era. Era dall'altra parte in questa vicenda. Il suo studio ha difeso l'impresa Lo Sicco davanti al Tar. Il pentito Innocenzo Lo Sicco, ha raccontato che lui stesso accompagnava l'avvocato Schifani negli uffici per seguire la pratica. Certo all'epoca l'imprenditore non era stato inquisito e il senatore non poteva sapere con chi aveva a che fare anche se il genero di Lo Sicco era sparito nel 1991 per lupara bianca. In quegli stessi anni Schifani assisteva anche altri imprenditori che sono incappati nelle confische per mafia, come Domenico Federico, prestanome di Giovanni Bontate, fratello del vecchio capo della cupola Stefano. Un settore quello delle confische che il senatore non ha dimenticato in Parlamento. Quando ha presentato un progetto di legge (il numero 600) per modificare la legge sulle confische e sui sequestri.

di Franco Giustolisi e Marco Lillo

non resta che dire... "Baciamo le mani"

Wednesday, May 24, 2006

secondovoi.blogspot.com

Paolo Del Debbio... Secondo Voi?

Visto che questo essere*, editorialista di TGCOM e del Giornale e che da qualche tempo che elargisce opinioni suine (cit.) degne della sua persona in una "trasmissione" mediaset, può permettersi tutto ciò grazie alla sua devozione/sottomissione (spero solo spirituale anche se ho qualche dubbio che non sia anche fisica) verso i vertici dell'emittente per cui lavora, nonchè per i vertici delle testate per cui lavore, nonchè per i vertici del partito di cui fa' fedelmente parte (FI naturalmente), che guardacaso vanno a coincidere nella stessa figura/persona!



adesso l'opinionista lo faccio io (tanto non mi pare ci voglia un titolo particolare per esercitare questa "professione", ebbene si! da oggi io sono un'opinionista!)

l'argomento del giorno è: "Paolo Del Debbio"

Paolo Del Debbio mi ha sempre personalmente fatto ribrezzo come figura, si erge a opinionista con degli interventi suini (cit.) e imbarazzanti per un qualsiasi uomo, tranne che per lui e per gli amici italiani che fa' intervistare dai suoi collaboratori! Personalmente lo disprezzo da sempre, mi è bastato una volta vederlo in tv per capire che non c'era motivo che uno così stesse lì (una volta li uccidevano da piccoli, cit.), lo odio profondamente da un po' meno, da quando mi capita di ascoltare quello che dice, e più precisamente da quando nella sua trasmissione "secondo voi" affrontò il problema della nuova legge sul sequestro dei motocicli in caso di alcune infrazioni. Ebbene, che fosse un coglione l'avevo già capito da tempo, ma che arrivasse a tali picchi non lo avrei mai immaginato... naturalmente la sua opinione era ovvia, la sua opinione è sempre ovvia, è esattamente la stessa della sua parte politica ed è questo il motivo per il quale lui ha l'opportunità di stare lì in tv a "ragliare come uno scecco" (cit.)! ha questa opportunità perchè é comodo avere un'opinionista che l'opinione non sa' neanche dove stia di casa, è comodo ed anche vantaggioso per chi gli da' lavoro...

Il conformista
è uno che di solito sta sempre dalla parte giusta,
il conformista ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa
è un concentrato di opinioni
che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani
e quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire
forse da buon opportunista
si adegua senza farci caso e vive nel suo paradiso.

Il conformista
è un uomo a tutto tondo che si muove senza consistenza,
il conformista s'allena a scivolare dentro il mare della maggioranza
è un animale assai comune
che vive di parole da conversazione
di notte sogna e vengon fuori i sogni di altri sognatori
il giorno esplode la sua festa
che è stare in pace con il mondo
e farsi largo galleggiando
il conformista.



I veri opinionisti (anche se questo appellativo è offensivo per loro, ma spero non me ne vorranno), quelli che avevano una testa, quelli che se dicevano le cose sapevano di cosa stessero parlando, quelli che ragionavano e che si assumevano le responsabilità delle proprie azioni; Quelli li hanno censurati e oggi, poveri noi, ci ritroviamo questi di "opinionisti", speriamo soltanto che riesca a sopravvivere in noi il senso critico almeno sufficiente per poter distinguere chi da chi!

Un tributo (e un pensiero) doveroso va' a chi oggi non può più esprimere il suo pensiero, non può perchè è un pensiero non gradito, non può perchè l'Italia non è una democrazia, non può, non può e non può!

Enzo Biagi (in primis) nonostante tutto è ritenuto ancora il migliore dei giornalisti del nostro paese e con lui tanti altri che non nomino per non tralasciare nessuno. Almeno in questo Paolo Del Debbio ci aiuta, ci aiuta a capire quanto siamo caduti in basso oggi e quanto mancano persone vere, per questo dico grazie... grazie Paolo!



*per chi non lo conoscesse Paolo Del Debbio fa' una trasmissione di 10 minuti che si chiama "secondo voi" su Italia1 appena prima di studio aperto (altro pseudo telegiornale su cui ci sarebbero pagine da scrivere) dove affronta un'argomento di "attualità", raccoglie opinioni della gente "comune" e infine chiude con una sua, scontatissima, banale, irritante, "opinione" (d'altronde lui è OPINIONISTA!!!)